Rievocando Alara #4 – La Guerra dei Frammenti raccontata attraverso le carte. Parte 4: Jund

“Durante la Convergenza, Jund fu il solo frammento a trovarsi in mezzo a due altri mondi completamente opposti tra loro, ognuno dei quali estremizzava uno dei concetti chiave del frammento dei draghi. Gli abitanti di Jund erano abituati tanto alla morte quanto alla prosperità, ma ciò che Grixis e Naya avevano da offrire andava ben oltre la familiarità.” –Lyak, Tessisapere di Vithia

Jund in guerra

Jund era sempre stato un luogo ricco di risorse, sebbene ottenerle non fosse semplice ed esse non fossero effettivamente alla portata di tutti; la sovrabbondanza di Naya, però, risultò quasi soffocante per i feroci combattenti del piano dei draghi. Allo stesso modo, la morte era sempre stata una presenza costante ed una componente accettata della vita, quando non addirittura sfruttata per ottenere vantaggi; nessun jundiano, tuttavia, si era mai trovato di fronte ad un non morto, alle magie legate al Vis o anche solo all’acre odore di morte e decomposizione proveniente dalla frontiera con Grixis.


Nonostante la scarsa familiarità con le strane magie degli altri due frammenti confinanti, i jundiani non persero tempo e approfittarono dell’invasione da parte di Grixis per abbandonare le loro terre; alcuni, come i goblin, andarono in cerca di un nuovo posto nel mondo, un luogo dove poter scalare la catena alimentare; molti altri, invece, si avventurarono nei nuovi mondi per trovare nuove prede esotiche da combattere, cacciare ed eventualmente divorare. I jundiani, specialmente i viashino e i predatori non senzienti come i wurm, gli elementali o le sanguisughe, impararono piuttosto velocemente a adattarsi alla realtà degli altri frammenti, trovandosi particolarmente a loro agio nelle pianure erbose di Bant, nelle giungle di Naya e talvolta persino nelle necropoli di Grixis e nelle città di Esper.

I viashino

Dopo aver conosciuto Esper e i suoi abitanti impegnati nella Corsa al Carmot, i
guerrieri e gli sciamani viashino risposero alla sfida presentata dalle magie estranee degli esperiti con gioia e trepidazione. I maghi di Esper non erano certo guerrieri esperti né tantomeno coraggiosi, dettagli importantissimi per creature che usavano come strategia principale picchiare i nemici con mazze chiodate e spaventarli con i loro denti affilati o le loro tattiche di mimetizzazione. Il più famoso contatto tra esperiti e viashino avvenne durante la Guerra, quando svariati viashino della Batosta Tonante raggiunsero le terre di Esper per dare la caccia ai suoi abitanti. Forti di un’immunità alla magia, dell’effetto sorpresa e di una potenza bruta sconosciuta ai fragili maghi, i viashino cacciarono indisturbati per giorni, fino a quando gli esperiti non compresero che le tattiche del nemico erano sempre le stesse. Trovandosi in difficoltà, l’anziano Jkkhah guidò i suoi compagni all’interno di un magazzino di eterium, dal quale uscirono solamente molti giorni dopo con innesti d’eterium nuovi di zecca.


Non è chiaro chi abbia spiegato ai viashino come innestarsi l’eterium, ma a giudicare dalla forma
rudimentale e primitiva delle loro creazioni, è probabile che abbiano semplicemente imitato gli esperiti, o costretto un qualche omuncolo a collaborare. Quando l’esercito esperita raggiunse il magazzino, i viashino calarono dall’alto e forti di non troppo funzionanti ali in eterium, di una nuova dentatura metallica e di nuove capacità psichiche garantiti dalla creazione di Crucius, massacrarono le loro prede. Probabilmente furono proprio le storie sul successo della Batosta Tonante a convincere un altro gruppo di viashino, guidati dallo sciamano Yurlok, ad avventurarsi in Esper. Non abbiamo invece notizie certe da parte di Bant, che pure fu l’unico esercito ad arruolare viashino tra le sue fila. Sappiamo che i bantiani affrontarono in più occasioni i viashino e i goblin di Jund, ma non esistono testimonianze di nessuna battaglia importante che abbia coinvolto una o più batoste.

Gli umani

Mentre i guerrieri viaggiavano negli altri frammenti per combattere gli invasori nella Caccia della Vita, gli sciamani jundiani scoprirono un macabro interesse nei confronti del Vis, della necromanzia e della proliferazione di nuova vita dalla morte. Almeno due dei membri del Clan Nel Thot si dedicarono a queste arti oscure, abbandonando le antiche tradizioni e adattando le proprie capacità alla nuova Alara: la ben nota Meren e il meno famoso Jorshu.


Tempo prima della Convergenza, la giovane Meren, durante il rituale per diventare sciamana, scoprì di possedere una forma di magia che nessuno aveva mai visto e che agli occhi dei suoi compagni di clan sembrava oscura, eretica e in antitesi con le loro tradizioni. Meren fu quindi esiliata dal leader degli sciamani Kael e per anni vagò in Jund, mossa dal semplice istinto di sopravvivenza ma perfettamente consapevole di essere fuori posto. Poi venne la Convergenza e Meren trovò in Grixis una benedizione.


In quella terra moribonda, Meren non percepiva più la cacofonia magica che la sua casa le trasmetteva e studiando al fianco di potenti necromanti, scoprì che in Grixis le sue capacità erano piuttosto comuni, ma anche che la sua conoscenza degli esseri viventi le garantiva accesso ad una forma di necromanzia ben più potente. Dove i necromanti di Grixis si limitavano ad animare cadaveri per i più disparati scopi, Meren era in grado di resuscitare quelle creature, a prenderle in prestito dalla morte per i suoi scopi. Insomma, più che schiavi, i non morti di Meren erano suoi alleati. Anni dopo la Guerra, la sciamana tornò in Jund per vendicarsi di coloro che l’avevano scacciata, salvo rendersi conto di non essere soddisfatta dopo aver sterminato tutti i membri del suo clan che riuscì a trovare. Da allora, Meren vaga per Jund con un solo obbiettivo: strappare la vita da questo mondo e costringerlo ad abbracciare il silenzio della morte.


Non sappiamo se Jorshu, sciamano di Jund in grado di generare vita vegetale coltivandola dalle carcasse delle creature, sia stato ucciso da Meren durante la sua campagna di vendetta, ma non essendo citato nelle fonti dedicate alla necromante, è possibile che anche lui si sia allontanato dal Clan Nel Thoth per praticare le sue arti altrove.

Flora e fauna

Dopo la Convergenza, i predatori di Jund furono molto veloci a adattarsi alla nuova abbondanza di
selvaggina. Fu soprattutto Naya a fare le spese di questa rapida evoluzione, in quanto la sua sovrabbondanza di mana e vita risultò fin da subito un banchetto troppo ghiotto per essere ignorato. Alcuni saprolingi cominciarono ad unirsi in comunità che diedero vita a creature uniche, giganteschi fungus compositi che tramutarono le prede in predatori; le sanguisughe che un tempo proliferavano nelle pozze di catrame crebbero in dimensioni e numero di bocche e sempre più predatori iniziarono a sviluppare comportamenti più subduli, mimetizzandosi per sorprendere gli invasori degli altri frammenti o imparando ad utilizzare le magie straniere a loro vantaggio.


Quest’ultimo fu il caso di Gyrus, un’idra presumibilmente nayana che con l’arrivo della Convergenza e delle magie di Grixis, divenne capace di animare le carcasse degli animali che trovava lungo il suo cammino. Gyrus cominciò a cacciare tra le paludi catramose di Jund, ricche di bestie da dragare e da utilizzare come avanguardia per aggredire prede che possano saziare la sua fame, in un ciclo di morte e riesumazione che non sembra destinato a concludersi molto presto.

Fonti

Choices in the New Alara (ENG), link non disponibile
The first Days of the Conflux (ENG), link non disponibile
Gold Records (ENG)
Alara Unbroken
Guida per planeswalker ad Alara
Le carte dell’espansione Rinascita di Alara
All the Cairns of Jund

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Articolo precedente: Rievocando Alara #3 – La Guerra dei Frammenti raccontata attraverso le carte. Parte 3: Naya

La Saga Phyrexiana su Clepshydra: Phyrexia: storia di un incubo meccanico. La tela di Tsabo Tavoc

Esplorando Rath #7: i tramutanti e gli altri esperimenti di Volrath

“Con l’eccezione dei phyrexiani di Yawgmoth e Jin-Gitaxias, di Memnarch, Davvol e Volrath, nessun altro, in tutta la storia del Multiverso, ha condotto esperimenti su creature esterne al proprio piano d’origine. D’altronde è comprensibile: se la materia organica non può attraversare la Cieca Eternità, è necessario affidarsi a macchine e magie estremamente potenti e difficili da maneggiare. Ci è voluta la recente invasione multiversale per cambiare le cose.” –Ranalus, Evincara Dominante

Licidi

Si dice che i licidi siano creature nate dalle sperimentazioni di Volrath. Quale che sia la verità, durante il dominio dell’Evincaro i licidi, assieme ad altri residui dei laboratori di Vuel come i tramutanti e i pungiglioni, sono divenuti una parte attiva dell’ecosistema di Rath.

Tramutanti

I tramutanti sono i predatori più aggressivi e pericolosi dell’intero Rath. Dotate di marginali capacità di mutare forma grazie alla struttura fluida dei loro corpi che cambia attorno ad un nucleo osseo, queste creature possiedono una minacciosa lancia ossea costruita su un arto flessibile che cresce dal centro della cavità nel loro petto. Grazie a questo pungiglione, i tramutanti sono in grado di iniettare una soluzione liquida corrosiva capace di sciogliere i tessuti delle loro prede.

Oggi, a distanza di secoli dalle prime ricerche riguardanti Rath, sappiamo da numerose fonti che queste creature non sono originarie del piano artificiale, bensì di un mondo ad oggi ancora sconosciuto. Non sappiamo fino a che punto Volrath le abbia modificate, ma considerato che negli ultimi decenni si è sviluppata una razza di tramutanti shandalariani che possedevano più o meno le stesse qualità fisiche e magiche dei loro colleghi rathi e dominariani (questi ultimi discendenti di quelli che il Progetto Marea ha resuscitato), è probabile che i tramutanti non siano mai stati troppo diversi da come li abbiamo conosciuti su Rath.

Pungiglioni

I pungiglioni sono creature vagamente insettoidi che presentano sui loro corpi delle versioni più piccole di sé stessi. Queste protuberanze possono essere scambiate tra pungiglione e pungiglione, aumentando dimensioni e robustezza di questa razza misteriosa quanto poco approfondita.

Fonti:

The Art of magic the Gathering; The Rath Cycle (ENG)

Il Bardo e la Biologa (ITA)

Prisoner of the Skep; or, How I Encountered the Slivers—and Lived to Tell the Tale! (ENG)

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Articolo precedente: Esplorando Rath #6: la Predatrice e il suo equipaggio Mogg

La Saga Phyrexiana su Clepshydra: Phyrexia: storia di un incubo meccanico. Alla ricerca di Ramos

Esplorando Rath #5: le sale della Fortezza

“Ora che abbiamo riattivato la Fortezza, dobbiamo assicurarci di adattarne la struttura e gli strumenti all’epoca moderna. Per fortuna Urborg provvede già fornaci cariche di mana, abissi colmi di liquame e nemici da tramutare in cavie.” –Ranalus, Evincara Dominante

Gli Abissi della Morte di Rath

Sepolti in una faglia sotterranea, litri e litri di un liquido nero, il prodotto della Mutaroccia, sono rimasti nascosti in grandi vasche per lungo tempo finché un evincaro non li ha riscoperti[1]. Da allora, questi liquami si sono espansi nelle falle all’interno della Fortezza, assumendo una vera e propria intelligenza, talvolta assumendo la personalità delle sue prede.

Le Aule dei Sogni

Volrath ha scoperto un modo per trasformare i propri sogni in qualcosa di concreto all’interno di questa sala. Qui, l’Evincaro può contenere e dissezionare i prodotti del suo sonno senza per questo rendere la sua mente vulnerabile.

Le Paludi di Cenere

Dopo millennni passati a subire gli sfoghi della Fornace, questa porzione della montagna è stata ridotta ad una distesa desolata. Oggi, le Paludi di Cenere sono una necropoli di ciminiere che sputano costantemente gli scarti bollenti del nucleo del piano nell’aria.

Le Fornaci

Molto al di sotto della Fortezza, si trova il nucleo fuso di Rath, un mare di roccia liquida che getta un costante flusso di materiale grezzo all’interno dei generatori di Mutaroccia. Alte torri cariche di mana si innalzano nell’aria surriscaldata, generando una colonna di magma che raggiunge la base della Fortezza.

Le prigioni-laboratorio e le strade sospese

Nel costruire la Fortezza, i phyrexiani hanno seguito un principio basilare: costruire una singola entrata da fortificare alla perfezione. Per questo motivo le strade sospese sul vuoto che conducono alle stanze di Volrath, sono prensili e in grado di avvolgersi su sé stesse ad un comando dell’Evincaro.

All’estremità opposta della Fortezza, invece, si trovano le prigioni e il laboratorio dell’Evincaro, non a caso costruiti così vicini tra loro. In questo luogo di creazione e sperimentazione che ha funzione scientifica e politica assieme, finiscono coloro che deludono l’Evincaro o si ribellano alla sua autorità e dove le creazioni più spaventose di Volrath prendono vita e vengono messe alla prova.

Note

[1] Non sappiamo chi fosse quell’evincaro, ma visto che nel finale di Bloodlines il povero Davvol si ritrova incastrato tra le macchine sprofondate in un luogo oscuro, può darsi che siano state “scoperte” allora.

Fonte:

The Art of magic the Gathering; The Rath Cycle (ENG)

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Articolo precedente: Esplorando Rath #4: la Fortezza dell’Evincaro

La Saga Phyrexiana su Clepshydra: Phyrexia: storia di un incubo meccanico. Gerrard contro Volrath

Esplorando Rath #4: la Fortezza dell’Evincaro

“La Fortezza non è solo un edificio, ma quasi un organismo vivente. Belzenlok ha restituito la vita a questa creatura senza comprenderne davvero i bisogni; Urborg Libera ha tentato in ogni modo di soffocarla e Sheoldred l’ha trattata come fosse una semplice macchina. I Ricordi dell’Olio e la mia mente superiore saranno dunque più che mai fondamentali per comprendere appieno la Fortezza e i suoi bisogni.” –Ranalus, Evincara Dominante

La montagna vivente

La più singolare e riconoscibile delle caratteristiche di Rath, nonché la ragione stessa dell’esistenza del piano, non poteva essere osservata dalla superficie. Essa si trovava infatti sepolta sotto milioni di tonnellate di solida Mutaroccia, realizzata nelle fabbriche che si celavano al suo interno che a loro volta facevano scorrere torrenti di magma artificiale lungo i lati di una montagna. Sebbene sia difficile da immaginare, i phyrexiani avevano realizzato una meraviglia tecnologica incredibile, una macchina in grado di generare un intero mondo partendo dal nulla, costruendolo di nascosto per svariati secoli senza nessun errore.

Per Volrath, la Fortezza era la rappresentazione fisica della propria forza. Egli regnò per anni come Evincaro, governatore di questo mondo in costante crescita, asse centrale di questo luogo e di ciò che esso rappresentava. La Fortezza era il centro del metaforico sistema nervoso di Volrath, in grado di estendersi lungo la Mutaroccia per raggiungere tutti i punti più importanti. Innumerevoli quantità di guardiani mogg si nascondevano nei lati della Fortezza mentre nelle profondità della stessa, una scia di magma bollente sfidava la gravità, nascendo da una pozza di lava situata nel cuore cavernoso della montagna per risalire fino alle Fornaci, dove forniva energia ai generatori di Mutaroccia.

La Città dei Traditori

Per mantenere attivo un monolito di tali dimensioni, era richiesto un vero e proprio esercito di lavoratori, quei Vec, Kor e Dal (distinguibili dai loro cugini “liberi” dal suffisso “il-” dopo il loro nome) che vivevano nella Città dei Traditori. Questo centro abitato era sorto attorno alla scia verticale di lava e le sue fondamenta erano costituite da Mutaroccia e rovine di una Fortezza più antica[1].

Una seconda armata di soldati proteggeva Volrath e i suoi lavoratori, pronto ad affrontare e distruggere qualunque minaccia utilizzando una varietà di armi bizzare quanto efficaci. Sulla cima della montagna, infine, era possibile osservare delle torrette di sorveglianza, pronte a fare fuoco su chiunque si avvicinasse troppo senza il permesso dell’Evincaro.

Note

[1] Probabilmente i resti di ciò che Croag aveva creato prima di rendere Davvol Evincaro, sulle cui fondamenta si era poi continuato a costruire.

Fonte:

The Art of magic the Gathering; The Rath Cycle (ENG)

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La Saga Phyrexiana su Clepshydra: Phyrexia: storia di un incubo meccanico. Viaggio all’interno della Fortezza

Esplorando Rath #3: Cielsudario e Morteacque

“Secondo alcune fonti, la nazione dei tritoni e degli elfi della futura Cielsudario si trovava su un costrutto galleggiante in mezzo all’oceano di Dominaria. Nessuno, però, è mai riuscito a ritrovare questa dimora meccanica, né su Rath, né su Dominaria. Sarà necessario indagare ulteriormente, ma per il momento, possiamo stabilire che quel luogo mistico fosse semplicemente un’isola in mezzo al mare.” –Ranalus, Evincara Dominante

Gli elfi prima di Cielsudario

Gli elfi di Cielsudario erano un tempo creature molto pacifiche che vivevano vite tranquille su un appezzamento di terra in mezzo all’oceano di dominaria. Gli elfi vivevano assieme ai loro vicini tritoni e le due razze formavano una nazione equilibrata, condividendo le rispettive capacità. Tuttavia, gli evincari di Rath avevano altri piani per loro. Il portale che trascinò gli elfi, i tritoni e le loro case sul piano artificiale, si portò dietro anche una notevole quantità d’acqua e la transizione fu così immediata che gli elfi impiegarono diversi giorni per capire che la strana tempesta che infruiava sulle loro teste non era un fenomeno magico localizzato.

Sfortunatamente, lo specchio d’acqua trasportato su Rath non era sufficiente per garantire la sopravvivenza di entrambe le razze e presto la loro collaborazione si interruppe bruscamente, concludendosi in una battaglia sanguinosa.

Cielsudario, la foresta galleggiante

Gli elfi realizzarono di essere in svantaggio rispetto ai loro nemici, perciò decisero di costruirsi una nuova casa attraverso l’utilizzo della magia. Nel giro di qualche mese, una nuova foresta nacque dai loro sforzi e dalle ceneri degli alberi moribondi che erano stati trasportati da Dominaria. Grazie alla magia, gli elfi costruirono un vasto groviglio di radici in grado di formare un terreno semi-solido di vita vegetale che permettesse alla foresta di galleggiare sull’acqua.

Nel corso dei secoli e grazie al contributo di alcune modifiche genetiche operate dagli evincari, i tritoni divennero creature violente e affamate di carne, mentre la foresta crebbe fino a raggiungere proporzioni gigantesche per gli standard di Rath.

Le sue radici crearono un vero e proprio labirinto sottomarino, soffocando le antiche dimore dei tritoni e distruggendo per sempre la speranza di un rapporto pacifico tra le due parti. Come se non bastasse, gli elfi resero le cime degli alberi di Cielsudario estramemente fitte, così da obbligare i loro ormai nemici a vivere nell’oscurità. Presto, gli elfi cominciarono persino ad apprezzare questa copertura, in quanto ha permesso loro di nascondere alla vista gli orrori che si celavano al di fuori della loro nuova casa, da loro rinominata “Cielsudario”.

Fonti

Dominian Chronicles. A Dark Corner of the Multiverse, di Pete Venters, in The Duelist n°20 del dicembre 1997. 

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La Saga Phyrexiana su Clepshydra: Phyrexia: storia di un incubo meccanico. La sfida della Predatrice